Illustre
Signor Presidente,
sono un pubblico dipendente e mi onoro di esserlo, ho sempre
cercato di lavorare affinché potessi considerare quanto ricevo a fine mese uno
stipendio e non una refurtiva.
Non so come si scrive e come si invia una lettera aperta,
appena finita la chiuderò nella classica bottiglia e l’affiderò alle onde del
mare di internet, sperando che qualcuno la faccia arrivare fino a Lei.
Dopo gli apprezzamenti di S.E. il Ministro Brunetta ora, per i
pubblici dipendenti, arrivano considerazioni poco lusinghiere da parte di tutto
il Governo. Riporto parte del testo
della lettera inviata dal Governo italiano alla UE:
Modernizzazione della pubblica amministrazione La
pubblica amministrazione è un volano fondamentale della crescita. Stiamo
creando le condizioni perché la pubblica amministrazione sia pronta ad
accompagnare la ripresa, svolgendo una funzione di servizio allo sviluppo e non
di zavorra burocratica.
Da un lato il Governo considera la pubblica amministrazione
un volano fondamentale della crescita, dall’altro la vede come una zavorra
burocratica. Non so come sentirmi: un volano per la crescita o una zavorra che
frena e crea problemi.
Probabilmente, nella fretta di scrivere la lettera, il Governo
ha dimenticato che, tranne per l’infausto periodo del Governo Prodi che, a Suo
dire Signor Presidente, tante difficoltà e preoccupazioni ha creato agli
italiani, dal 2001 Lei ha presieduto gli altri Governi. Resta da chiarire se i
suoi grandi successi governativi, quelli che La hanno autorizzato a
considerarsi il più grande statista degli ultimi 150 anni, li abbia conseguiti
nonostante la zavorra oppure grazie ad un volano fondamentale per la crescita.
Prima del Suo arrivo al Governo, eravamo il 15% in meno della media dei paesi civili e
guadagnavamo, sempre in media, il 25% in meno di francesi e tedeschi, dopo la
cura del Suo governo detto divario è aumentato ed aumenterà ancora. Peggio di
noi solo la Grecia, escludendo ovviamente l’America latina, il nord Africa ed i
paesi dell’est europeo. Blocco del turnover fino al 2014, nessun rinnovo di
contratto fino al 2018, trattenute per i giorni di malattia. Eppure vi dobbiamo
ringraziare se per questo Natale ci lasciate le tredicesime e non ci tagliate
gli stipendi.
Mi chiedo: che cosa c’è dietro tutta questa considerazione?
Siamo oltre tre milioni e mezzo, se contiamo anche le
famiglie siamo un partito più forte del
Suo: dunque, a cosa è dovuto il “trattamento di favore” che Lei, con l’aiuto di
“giornalisti” ed “economisti”, ci sta
riservando?
Qualche anno fa ho letto il libro “licenziare i padroni?” di
Massimo Mucchetti alle prime pagine c’è scritto:
la profezia di Cuccia
agli inizi degli anni
novanta, l’allora presidente d’onore di Mediobanca era convinto che, per non
alzare bandiera bianca, le grandi famiglie del capitalismo sarebbero migrate
dalla manifattura ai servizi: dalla produzione di automobili, pneumatici,
macchine per scrivere e personal computer alla gestione delle autostrade, dei
telefoni, dell’energia elettrica e, chissà, del gas naturale (non immaginando ancora la
sfrontatezza di includere tra questi anche l’acqua). I condottieri, che nel 1985 avevano conquistato la copertina del
settimanale francese “L’Express”, hanno deposto l’armatura e si sono
trasformati – loro stessi o chi ne ha preso il posto – in tranquilli tenutari
di ex monopoli di Stato ai quali la liberalizzazione dei mercati non impedirà
di assicurare guadagni elevati ancora per un lungo periodo. È il frutto
avvelenato delle privatizzazioni, il risultato beffardo delle tariffe di favore
riservate alle centrali elettriche degli eletti dal governo, il grande inganno
della concorrenza presunta nel mondo della televisione che, in realtà, è solo
il più perfetto dei cartelli duopolistici. Lo Stato imprenditore si sta
rivelando l’ancora di salvezza di un capitalismo privato senza coraggio e senza
ambizioni, singolare punto d’approdo di un padronato che per decenni l’aveva
rispettato, temuto, corteggiato per averne protezione e qualche regalia.
Se Mucchetti aveva ragione, ed i presupposti per dargli
ragione ci sono tutti, l’epiteto di “fannulloni”, con cui il Ministro Brunetta
apostrofava i “travet”, serviva a dimostrare agli altri cittadini che le
autostrade gestite dal privato funzionano meglio e sono più economiche, che i
telefoni gestiti dai privati funzionano meglio e sono più economici, che
l’energia elettrica gestita dai privati funziona meglio ed è più a buon
mercato. Insomma che privato è bello mentre il pubblico fa schifo. Forse Sua
Eccellenza il Ministro Brunetta
dimentica che il pubblico negli ultimi dieci anni, sempre escluso
l’infausto periodo Prodi, lo ha gestito e lo sta gestendo Lei signor Presidente.
È poi vero che il privato gestisce meglio del pubblico? L’attuale gestione di Telecom, e non solo, dimostrerebbe
il contrario.
Sempre Mucchetti nel suo libro afferma, nessuno lo ha
smentito, che nel periodo 1986-2001, le società quotate in borsa dallo Stato
(Telecom Italia, Eni ed Enel) avevano prodotto ricchezza per 173.128 miliardi
di lire, mentre le imprese private quotate in borsa (Italcementi, Pirelli,
Montedison, Olivetti e Fiat) avevano distrutto ricchezza per un totale di
55.730 miliardi di lire.
Eppure, signor Presidente, tutte le forze politiche hanno
concorso alle privatizzazioni, affidando a chi distruggeva ricchezza società
pubbliche che producevano ricchezza. Ora che arrivano i nodi al pettine, sono i
pensionati ed i dipendenti pubblici a dover pagare addossandosi il peso delle
restrizioni.
Non Le sembra che tutti i politici o presunti tali che negli
ultimi trenta anni hanno frequentato le aule di Camera e Senato dovrebbero
trarre le dovute conclusioni?
Io, se fossi uno di loro, proverei un grande senso di
vergogna, anche se avessi fatto la blanda opposizione che alcuni hanno fatto.
Penso ci siano tutti gli elementi per togliere agli ex
politici il vitalizio e gli altri privilegi accumulati, come quello di
riciclarsi in amministratore di ASL e/o Ospedali o di fare il dirigente
pubblico.
Bisognerebbe istituire il confino per colpe di cattiva
gestione del mandato politico. Invece, i politici, gli ex politici o presunti
tali li paghiamo bene e li ossequiamo anche.
Ha ragione: siamo un paese ………………
Torniamo per un attimo ai numeri e alla loro potenza.
Dal sito della Ragioneria Generale dello Stato leggo che l’Italia
incassa, con proventi vari, poco oltre 450 miliardi di euro e ne spendiamo poco
più di 700, sempre miliardi di euro.
Questo avviene da un bel numero di anni.
Eppure, fino a pochi mesi fa Lei e Sua Eccellenza il Ministro
Tremonti ci avete rassicurato che i conti erano a posto e che chi affermava
cosa diversa era un catastrofista mentre l’Italia aveva bisogno di ottimisti.
Se i dati non sono esatti o se ho sbagliato a leggere mi
scuso, non sono un esperto di economia. Se fossero esatti Le chiedo era onesto
fare affermazioni del genere?
Il pubblico impiego costa circa 82 miliardi di euro l’anno ma
oltre 26 miliardi lo Stato li trattiene sotto forma di irpef. Restano 56
miliardi di euro di spesa che in parte rientrano nelle casse dello Stato come
IVA e come accise varie. Il rimanente sono le uniche spese sicure che
contribuiscono ad incrementare quelle poche produzioni che si fanno ancora in
Italia. Deprimere gli stipendi pubblici significa deprimere il lavoro e la produzione
dei privati. O sbaglio?
Inoltre, se per ipotesi buttaste fuori il 10% di professori,
poliziotti o altri dipendenti pubblici risparmiereste 6 miliardi di euro
l’anno, dato che il debito è di 1900 miliardi di euro per sanarlo occorreranno
316 anni. A chi volete darla a bere?
Sembra anche che l’interesse sul debito sia quasi pari alla
spesa dello Stato per i dipendenti pubblici, cioè oltre 80 miliardi di euro: deprimendo
la voce stipendi pubblici l’interesse sul debito dello Stato supererà quanto lo
Stato spende in personale. Il personale pubblico serve per tenere in vita lo
Stato stesso. Per quanto tempo può
durare uno Stato che ha pochi insegnanti, pochi medici pubblici, pochi
poliziotti, pochi giudici e molti, forse tanti, politici?
Una volta gli operai venivano difesi da una parte politica
che diceva: dobbiamo migliorare i salari e i diritti degli operai e rapportarli
a gli stipendi e ai diritti dei dipendenti pubblici. Poi i nipoti dei politici
che difendevano gli operai hanno scoperto i salotti buoni, le gite in barca, i
maglioni di kashmir, gli appartamentini a NewYork e la politica dei Kennedy.
Hanno invertito la tesi politica ed hanno cominciato a dire:
dobbiamo abbassare gli stipendi e i diritti dei dipendenti pubblici e
rapportarli ai salari e ai non diritti degli operai. Ecco dove siamo arrivati e
come ci siamo arrivati.
Mi verrebbe voglia di unirmi al coro e gridare: Berlusconi
vai a casa!
Io Berlusconi non l’ho mai votato e Lei, mi creda, ha fatto
di tutto per farsi detestare anche da quella parte dall’Italia onesta e
produttiva che aveva creduto in Lei. Ascoltando poi il pensiero di chi dovrebbe
sostituirla comincio ad avere seri dubbi.
La saluto, senza cordialità e senza acredine
Il Funzionario Pubblico
Giuseppe Vella
Giuseppe Vella
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