giovedì 3 novembre 2011

lettera aperta al Presidente del Consiglio



Illustre Signor Presidente,
sono un pubblico dipendente e mi onoro di esserlo, ho sempre cercato di lavorare affinché potessi considerare quanto ricevo a fine mese uno stipendio e non una refurtiva.
Non so come si scrive e come si invia una lettera aperta, appena finita la chiuderò nella classica bottiglia e l’affiderò alle onde del mare di internet, sperando che qualcuno la faccia arrivare fino a Lei.
Dopo gli apprezzamenti di S.E. il Ministro Brunetta ora, per i pubblici dipendenti, arrivano considerazioni poco lusinghiere da parte di tutto il Governo.  Riporto parte del testo della lettera inviata dal Governo italiano alla UE:  
Modernizzazione della pubblica amministrazione La pubblica amministrazione è un volano fondamentale della crescita. Stiamo creando le condizioni perché la pubblica amministrazione sia pronta ad accompagnare la ripresa, svolgendo una funzione di servizio allo sviluppo e non di zavorra burocratica. 
Da un lato il Governo considera la pubblica amministrazione un volano fondamentale della crescita, dall’altro la vede come una zavorra burocratica. Non so come sentirmi: un volano per la crescita o una zavorra che frena e crea problemi.
Probabilmente, nella fretta di scrivere la lettera, il Governo ha dimenticato che, tranne per l’infausto periodo del Governo Prodi che, a Suo dire Signor Presidente, tante difficoltà e preoccupazioni ha creato agli italiani, dal 2001 Lei ha presieduto gli altri Governi. Resta da chiarire se i suoi grandi successi governativi, quelli che La hanno autorizzato a considerarsi il più grande statista degli ultimi 150 anni, li abbia conseguiti nonostante la zavorra oppure grazie ad un volano fondamentale per la crescita.
Prima del Suo arrivo al Governo, eravamo il 15%  in meno della media dei paesi civili e guadagnavamo, sempre in media, il 25% in meno di francesi e tedeschi, dopo la cura del Suo governo detto divario è aumentato ed aumenterà ancora. Peggio di noi solo la Grecia, escludendo ovviamente l’America latina, il nord Africa ed i paesi dell’est europeo. Blocco del turnover fino al 2014, nessun rinnovo di contratto fino al 2018, trattenute per i giorni di malattia. Eppure vi dobbiamo ringraziare se per questo Natale ci lasciate le tredicesime e non ci tagliate gli stipendi.
Mi chiedo: che cosa c’è dietro tutta questa considerazione?
Siamo oltre tre milioni e mezzo, se contiamo anche le famiglie siamo un partito  più forte del Suo: dunque, a cosa è dovuto il “trattamento di favore” che Lei, con l’aiuto di “giornalisti” ed “economisti”,  ci sta riservando?
Qualche anno fa ho letto il libro “licenziare i padroni?” di Massimo Mucchetti alle prime pagine c’è scritto: 
la profezia di Cuccia
agli inizi degli anni novanta, l’allora presidente d’onore di Mediobanca era convinto che, per non alzare bandiera bianca, le grandi famiglie del capitalismo sarebbero migrate dalla manifattura ai servizi: dalla produzione di automobili, pneumatici, macchine per scrivere e personal computer alla gestione delle autostrade, dei telefoni, dell’energia elettrica e, chissà, del gas naturale (non immaginando ancora la sfrontatezza di includere tra questi anche l’acqua). I condottieri, che nel 1985 avevano conquistato la copertina del settimanale francese “L’Express”, hanno deposto l’armatura e si sono trasformati – loro stessi o chi ne ha preso il posto – in tranquilli tenutari di ex monopoli di Stato ai quali la liberalizzazione dei mercati non impedirà di assicurare guadagni elevati ancora per un lungo periodo. È il frutto avvelenato delle privatizzazioni, il risultato beffardo delle tariffe di favore riservate alle centrali elettriche degli eletti dal governo, il grande inganno della concorrenza presunta nel mondo della televisione che, in realtà, è solo il più perfetto dei cartelli duopolistici. Lo Stato imprenditore si sta rivelando l’ancora di salvezza di un capitalismo privato senza coraggio e senza ambizioni, singolare punto d’approdo di un padronato che per decenni l’aveva rispettato, temuto, corteggiato per averne protezione e qualche regalia.
Se Mucchetti aveva ragione, ed i presupposti per dargli ragione ci sono tutti, l’epiteto di “fannulloni”, con cui il Ministro Brunetta apostrofava i “travet”, serviva a dimostrare agli altri cittadini che le autostrade gestite dal privato funzionano meglio e sono più economiche, che i telefoni gestiti dai privati funzionano meglio e sono più economici, che l’energia elettrica gestita dai privati funziona meglio ed è più a buon mercato. Insomma che privato è bello mentre il pubblico fa schifo. Forse Sua Eccellenza il Ministro Brunetta  dimentica che il pubblico negli ultimi dieci anni, sempre escluso l’infausto periodo Prodi, lo ha gestito e lo sta gestendo Lei signor Presidente.
È poi vero che il privato gestisce meglio del pubblico?  L’attuale gestione di Telecom, e non solo, dimostrerebbe il contrario.
Sempre Mucchetti nel suo libro afferma, nessuno lo ha smentito, che nel periodo 1986-2001, le società quotate in borsa dallo Stato (Telecom Italia, Eni ed Enel) avevano prodotto ricchezza per 173.128 miliardi di lire, mentre le imprese private quotate in borsa (Italcementi, Pirelli, Montedison, Olivetti e Fiat) avevano distrutto ricchezza per un totale di 55.730 miliardi di lire.
Eppure, signor Presidente, tutte le forze politiche hanno concorso alle privatizzazioni, affidando a chi distruggeva ricchezza società pubbliche che producevano ricchezza. Ora che arrivano i nodi al pettine, sono i pensionati ed i dipendenti pubblici a dover pagare addossandosi il peso delle restrizioni.
Non Le sembra che tutti i politici o presunti tali che negli ultimi trenta anni hanno frequentato le aule di Camera e Senato dovrebbero trarre le dovute conclusioni?
Io, se fossi uno di loro, proverei un grande senso di vergogna, anche se avessi fatto la blanda opposizione che alcuni hanno fatto.
Penso ci siano tutti gli elementi per togliere agli ex politici il vitalizio e gli altri privilegi accumulati, come quello di riciclarsi in amministratore di ASL e/o Ospedali o di fare il dirigente pubblico.
Bisognerebbe istituire il confino per colpe di cattiva gestione del mandato politico. Invece, i politici, gli ex politici o presunti tali li paghiamo bene e li ossequiamo anche.
Ha ragione: siamo un paese ………………
Torniamo per un attimo ai numeri e alla loro potenza.
Dal sito della Ragioneria Generale dello Stato leggo che l’Italia incassa, con proventi vari, poco oltre 450 miliardi di euro e ne spendiamo poco più di 700, sempre miliardi di euro.  Questo avviene da un bel numero di anni.
Eppure, fino a pochi mesi fa Lei e Sua Eccellenza il Ministro Tremonti ci avete rassicurato che i conti erano a posto e che chi affermava cosa diversa era un catastrofista mentre l’Italia aveva bisogno di ottimisti.  
Se i dati non sono esatti o se ho sbagliato a leggere mi scuso, non sono un esperto di economia. Se fossero esatti Le chiedo era onesto fare affermazioni del genere?
Il pubblico impiego costa circa 82 miliardi di euro l’anno ma oltre 26 miliardi lo Stato li trattiene sotto forma di irpef. Restano 56 miliardi di euro di spesa che in parte rientrano nelle casse dello Stato come IVA e come accise varie. Il rimanente sono le uniche spese sicure che contribuiscono ad incrementare quelle poche produzioni che si fanno ancora in Italia. Deprimere gli stipendi pubblici significa deprimere il lavoro e la produzione dei privati. O sbaglio?
Inoltre, se per ipotesi buttaste fuori il 10% di professori, poliziotti o altri dipendenti pubblici risparmiereste 6 miliardi di euro l’anno, dato che il debito è di 1900 miliardi di euro per sanarlo occorreranno 316 anni. A chi volete darla a bere?
Sembra anche che l’interesse sul debito sia quasi pari alla spesa dello Stato per i dipendenti pubblici, cioè oltre 80 miliardi di euro: deprimendo la voce stipendi pubblici l’interesse sul debito dello Stato supererà quanto lo Stato spende in personale. Il personale pubblico serve per tenere in vita lo Stato stesso.  Per quanto tempo può durare uno Stato che ha pochi insegnanti, pochi medici pubblici, pochi poliziotti, pochi giudici e molti, forse tanti, politici?
Una volta gli operai venivano difesi da una parte politica che diceva: dobbiamo migliorare i salari e i diritti degli operai e rapportarli a gli stipendi e ai diritti dei dipendenti pubblici. Poi i nipoti dei politici che difendevano gli operai hanno scoperto i salotti buoni, le gite in barca, i maglioni di kashmir, gli appartamentini a NewYork e la politica dei Kennedy.
Hanno invertito la tesi politica ed hanno cominciato a dire: dobbiamo abbassare gli stipendi e i diritti dei dipendenti pubblici e rapportarli ai salari e ai non diritti degli operai. Ecco dove siamo arrivati e come ci siamo arrivati.
Mi verrebbe voglia di unirmi al coro e gridare: Berlusconi vai a casa!
Io Berlusconi non l’ho mai votato e Lei, mi creda, ha fatto di tutto per farsi detestare anche da quella parte dall’Italia onesta e produttiva che aveva creduto in Lei. Ascoltando poi il pensiero di chi dovrebbe sostituirla comincio ad avere seri dubbi.
La saluto, senza cordialità e senza acredine
                                                                                                                                                                                        Il Funzionario Pubblico                       
                                                                   Giuseppe Vella 

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