Il direttore del giornale “Il
Foglio”, Giuliano Ferrara, ha detto che fino a qualche decennio fa le guerre si
combattevano con le armi pesanti e gli eserciti bene armati, cioè con la
ricchezza, oggi si combattono a colpi di spread, cioè con la ricchezza. Cosa è
cambiato? Ci siamo evoluti, non abbiamo più bisogno di conquistare tramite
diretto versamento di sangue. Il sangue lo si fa versare dopo con il lavoro a
basso costo. Come sempre: guai ai vinti. Il più ricco resta sempre tale. Gli ideali
giovanili di Giuliano Ferrara non si sono realizzati. Anche perché, forse, non
sono stati perseguiti con logica, competenza e rigore.
In un mondo dove la sola
ideologia esistente è quella del “mercato selvaggio” la guerra a colpi di
spread non ha molto di scandaloso. È la lotta per il benessere di un popolo
sull’altro e la democrazia è sovietizzata, cioè a sovranità limitata. Dunque se
uno Stato, attraverso gestioni allegre della finanza pubblica, si fa finanziare
il debito da banche e paesi stranieri non ha più il diritto di gridare al golpe
se, raggiunto il punto di quasi non ritorno, i finanziatori si presentano alla
porta con il curatore fallimentare.
Mario Monti, il professore di economia
conosciuto e stimato dai nostri creditori, dopo aver rifiutato in varie
occasioni la possibilità di ricoprire ruoli politici di prestigio, è rimasto
vittima del suo prestigio, speriamo sia solo questo, ed è stato costretto ad
accettare, quasi come curatore fallimentare, la guida di una squadra già con un
piede in serie B.
Comunque, se un paese può
indebitarsi fino a rasentare la bancarotta di Stato, se il popolo non reagisce
di fronte alle ingiustizie ed alle ineguaglianze, se non ci sono leggi che
impongono lo stop allo spreco, non ad un passo dal fallimento ma al primo
accenno di debito non risolvibile, vuol dire che i principi democratici tanto
sbandierati hanno al loro interno un handicap che dobbiamo immediatamente
curare e di cui dobbiamo al più presto liberarci.
Significa che la democrazia è
malata, e non basterà curarla dimezzando i parlamentari e cancellando una delle
istituzioni più antiche e più vicine al popolo, le provincie, significa che
serviranno a ben poco le lacrime e sangue che i ceti meno abbienti dovranno
versare. Le misure anticrisi saranno solo palliativi se non si riconosce e si annienta
l’agente infettante, il batterio killer che uccide lo Stato democratico.
Il vero problema italiano è la
selezione della classe dirigente, ascoltare i dibattiti parlamentari o i talk
show televisivi non è mai stato così penoso come dall’inizio della cosiddetta
seconda repubblica. Più il politico è
incompetente più viene invitato a parlare e più il popolo si abbassa al suo
livello. Ovviamente non mi riferisco ai facili obiettivi zimbello ma a quelli
che sono addirittura considerati la leadership di formazioni politiche che si
arrogano, per puro interesse, il diritto di chiamarsi partiti.
Riuscirà il popolo con una nuova
legge elettorale e la reintroduzione della preferenza a colmare questo gap e
selezionare una classe dirigente più credibile, onesta e competente? Io non ci credo.
Allora? Non lo so, se lo sapessi mi proporrei come
politico.
Forse dovremo ricontrollare se il
suffragio universale è una conquista democratica o una iattura.
Forse dovremo stabilire dei
limiti seri alla possibilità di eleggere uomini che per scelte di vita hanno
svolto e svolgono professioni che non si conciliano, se non dopo almeno un decennio
di inattività, con l’assunzione di importanti cariche dello Stato.
Esempio:
- può il commercialista degli dei fare anche il ministro delle finanze del cittadino medio?
- può l’imprenditore di successo fare il parlamentare e legiferare su materie che potrebbero vederlo coinvolto come imprenditore?
- può il giudice che porta a termine un’inchiesta di successo su politici e/o imprenditori legati alla politica, appendere la toga ed indossare subito dopo la casacca del politico?
- può l’alto vertice militare, che ha raggiunto l’alto grado anche in virtù di scelte politiche, spogliarsi della divisa e diventare legislatore?
Forse dovremmo ritornare a
partiti che svolgono realmente il ruolo di interfaccia tra amministratori ed
amministrati ma soprattutto che ritornino ad aprire le loro porte alla società
assumendosi il compito di selezionare la classe politica di ogni ordine e
grado.
Basta con il ricorso
indiscriminato alla società civile, basta con gli accademici di successo, con gli
imprenditori da talk show, con i magistrati d’assalto e via di seguito.
De Gasperi, Nenni, Malagodi,
Berliguer, Almirante sono nati e cresciuti nelle sezioni di partito dove si
dialogava con l’iscritto che non aveva assunto ancora il ruolo di semplice
tessera. Fino a quando i politici guarderanno la società civile dalle finestre
del palazzo il cittadino sarà solo un passante visto da lontano. Facciamo in
modo che siano i cittadini a guardare nelle finestre del palazzo, anzi facciamo
si che le mura del palazzo siano di vetro e che chiunque passi possa vedere
cosa accade.
giuseppe
vella
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