domenica 13 novembre 2011

Democrazia e Globalizzazione


Il direttore del giornale “Il Foglio”, Giuliano Ferrara, ha detto che fino a qualche decennio fa le guerre si combattevano con le armi pesanti e gli eserciti bene armati, cioè con la ricchezza, oggi si combattono a colpi di spread, cioè con la ricchezza. Cosa è cambiato? Ci siamo evoluti, non abbiamo più bisogno di conquistare tramite diretto versamento di sangue. Il sangue lo si fa versare dopo con il lavoro a basso costo. Come sempre: guai ai vinti.  Il più ricco resta sempre tale. Gli ideali giovanili di Giuliano Ferrara non si sono realizzati. Anche perché, forse, non sono stati perseguiti con logica, competenza e rigore.
In un mondo dove la sola ideologia esistente è quella del “mercato selvaggio” la guerra a colpi di spread non ha molto di scandaloso. È la lotta per il benessere di un popolo sull’altro e la democrazia è sovietizzata, cioè a sovranità limitata. Dunque se uno Stato, attraverso gestioni allegre della finanza pubblica, si fa finanziare il debito da banche e paesi stranieri non ha più il diritto di gridare al golpe se, raggiunto il punto di quasi non ritorno, i finanziatori si presentano alla porta con il curatore fallimentare.
Mario Monti, il professore di economia conosciuto e stimato dai nostri creditori, dopo aver rifiutato in varie occasioni la possibilità di ricoprire ruoli politici di prestigio, è rimasto vittima del suo prestigio, speriamo sia solo questo, ed è stato costretto ad accettare, quasi come curatore fallimentare, la guida di una squadra già con un piede in serie B.
Comunque, se un paese può indebitarsi fino a rasentare la bancarotta di Stato, se il popolo non reagisce di fronte alle ingiustizie ed alle ineguaglianze, se non ci sono leggi che impongono lo stop allo spreco, non ad un passo dal fallimento ma al primo accenno di debito non risolvibile, vuol dire che i principi democratici tanto sbandierati hanno al loro interno un handicap che dobbiamo immediatamente curare e di cui dobbiamo al più presto liberarci.
Significa che la democrazia è malata, e non basterà curarla dimezzando i parlamentari e cancellando una delle istituzioni più antiche e più vicine al popolo, le provincie, significa che serviranno a ben poco le lacrime e sangue che i ceti meno abbienti dovranno versare. Le misure anticrisi saranno solo palliativi se non si riconosce e si annienta l’agente infettante, il batterio killer che uccide lo Stato democratico.
Il vero problema italiano è la selezione della classe dirigente, ascoltare i dibattiti parlamentari o i talk show televisivi non è mai stato così penoso come dall’inizio della cosiddetta seconda repubblica.  Più il politico è incompetente più viene invitato a parlare e più il popolo si abbassa al suo livello. Ovviamente non mi riferisco ai facili obiettivi zimbello ma a quelli che sono addirittura considerati la leadership di formazioni politiche che si arrogano, per puro interesse, il diritto di chiamarsi partiti. 
Riuscirà il popolo con una nuova legge elettorale e la reintroduzione della preferenza a colmare questo gap e selezionare una classe dirigente più credibile, onesta e competente?  Io non ci credo.
Allora?    Non lo so, se lo sapessi mi proporrei come politico.
Forse dovremo ricontrollare se il suffragio universale è una conquista democratica o una iattura.
Forse dovremo stabilire dei limiti seri alla possibilità di eleggere uomini che per scelte di vita hanno svolto e svolgono professioni che non si conciliano, se non dopo almeno un decennio di inattività, con l’assunzione di importanti cariche dello Stato. 
Esempio:
  • può il commercialista degli dei fare anche il ministro delle finanze del cittadino medio?
  • può l’imprenditore di successo fare il parlamentare e legiferare su materie che potrebbero vederlo coinvolto come imprenditore?
  • può il giudice che porta a termine un’inchiesta di successo su politici e/o imprenditori legati alla politica, appendere la toga ed indossare subito dopo la casacca del politico?
  • può l’alto vertice militare, che ha raggiunto l’alto grado anche in virtù di scelte politiche, spogliarsi della divisa e diventare legislatore?
Forse dovremmo ritornare a partiti che svolgono realmente il ruolo di interfaccia tra amministratori ed amministrati ma soprattutto che ritornino ad aprire le loro porte alla società assumendosi il compito di selezionare la classe politica di ogni ordine e grado.
Basta con il ricorso indiscriminato alla società civile, basta con gli accademici di successo, con gli imprenditori da talk show, con i magistrati d’assalto e via di seguito.
De Gasperi, Nenni, Malagodi, Berliguer, Almirante sono nati e cresciuti nelle sezioni di partito dove si dialogava con l’iscritto che non aveva assunto ancora il ruolo di semplice tessera. Fino a quando i politici guarderanno la società civile dalle finestre del palazzo il cittadino sarà solo un passante visto da lontano. Facciamo in modo che siano i cittadini a guardare nelle finestre del palazzo, anzi facciamo si che le mura del palazzo siano di vetro e che chiunque passi possa vedere cosa accade.
                                                                                              giuseppe vella
    

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